Spreco del cibo, tra politiche globali e stili di vita sbagliati
Di NicolettaAl festival internazionale Cinemambiente di Torino è stato proiettato il film-documentario Just eat it, a food waste story, di Grant Baldwin e Jen Rustemeyer, che mette in luce uno degli scandali più inaccettabili dei nostri tempi: l’enorme spreco di derrate alimentari nel mondo. Cifre impressionanti, di cui pochi parlano: il 40% di ciò che si coltiva o si alleva di fatto non viene mangiato.
Tutti sanno che la grande distribuzione è costretta dalle normative a buttare enormi quantità di cibo ancora buono ma è meno noto il fatto che per entrare nella catena distributiva il cibo deve anche essere bello da vedere, con diametro, lunghezza e curvatura giuste, in caso contrario viene scartato. Buttare il cibo è un comportamento diffuso e purtroppo tollerato a livello planetario – che si traduce nella negazione del diritto a nutrirsi a buona parte del Pianeta.
Paradossalmente, però, anche i paesi poveri c’è molto spreco di cibo, dovuto alla mancanza di infrastrutture per i trasporti, di strutture di distribuzione (ad esempio, mancando impianti per la refrigerazione, il pesce non riesce ad arrivare dalla costa alle regioni interne dei paesi).
Nel “nord” del mondo, invece, lo spreco ha un’altra faccia: è dovuto a politiche agricole e di marketing sbagliate che impongono il rifiuto di ortaggi e frutta che pur avendo qualità nutrizionali e organolettiche identiche a quelli più “belli”, non hanno una pezzatura adatta per essere esposti nei supermercati. In Germania si calcola che perfino il 30% dei prodotti biologici finiscano nel compost per questa ragione. Purtroppo nella nostra società passa il concetto che quanto non è esteticamente bello non è buono. In questo senso sono la nostra mentalità e il nostro stile di vita che devono cambiare per evitare questo crimine che è al tempo stesso etico e ambientale.
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