Sempre più preoccupante l’erosione delle spiagge della Penisola

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Le coste sono uno dei punti più fragili del nostro territorio. Dalla Liguria alla Calabria, da Trieste a Taranto le spiagge italiane sono in progressivo ritiro: su 8000 chilometri totali solo il 30% è rimasto intatto e negli ultimi è stato divorato oltre il 40% di esse – secondo quanto appurato in un dossier del WWF.

L’erosione del mare sulle coste sta modificando lentamente il panorama: il mare trascina via la sabbia e le radici degli arbusti restano scoperti e le piante muoiono. In alcuni tratti la macchia mediterranea è già sensibilmente diradata, con conseguenze gravissime per l’ecosistema: infatti le piante costiere hanno la capacità di arrestare il vento che arriva dal mare pieno di salsedine e quindi risulta particolarmente erosivo.

La costiera laziale è una delle zone più colpite: in alcune spiagge l’erosione è visibile con dislivelli di oltre 1 metro, in altri il bagnasciuga è ridotto a una striscia minima.

Il processo di erosione delle spiagge è naturale, ma accelerato e accentuato dagli interventi umani, con le costruzioni infrastrutture che di fatto modificano il sistema delle correnti. Le amministrazioni locali tentano di studiare sistemi per rallentare il fenomeno: ad esempio con barriere subacquee di protezione costituite da sacchi di sabbia o ghiaia, oppure con l’immissione nel mare di scogliere poste in posizione perpendicolare o parallela alla costa. Le soluzioni proposte possono risultare valide in un tratto di costa ma non dovunque, perché molte sono le variabili in gioco. L’argomento dovrebbe essere oggetto di maggiore ricerca da parte delle università, perché di enorme interesse ecologico, naturalistico ed economico. Si calcola che per ogni metro quadro di spiaggia perso per erosione si paghino 1000 euro, sia in termini di guadagno perso, sia per compensare i costi della protezione e dell’intervento.


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