Raccolta degli abiti usati: le varie fasi del loro riutilizzo e recupero
Di Daniele GrattieriGli italiani, si sa, più di ogni altro popolo del mondo sono attenti all’eleganza e alla varietà nell’abbigliamento. Nonostante le restrizioni imposte dalla crisi e il crollo delle spese delle famiglie, gli italiani continuano a essere in testa alle classifiche per quanto riguarda il consumo di capi di vestiario e accessori: 18 chilogrammi l’anno a testa, contro una media europea di 10 chilogrammi.
Si stanno ampiamente diffondendo i negozi che comprano e rivendono l’usato e si moltiplicano i negozi di sartoria per riparare e aggiornare i capi ormai fuori moda. Inevitabilmente però arriva il momento in cui si desidera disfarsi per sempre dei vestiti vecchi – e dove è possibile lo si fa conferendoli negli appositi contenitori per la raccolta differenziata come quelli che vedete nella foto.
Al momento, secondo le stime, ogni cittadino italiano conferisce ogni anno soltanto 2 chilogrammi di abiti dismessi. In una città grande come Milano, nell’insieme della raccolta differenziata la raccolta dei capi di abbigliamento costituisce al momento solo lo 0,5% del totale dei rifiuti, ma conforta il fatto che questa percentuale è in costante crescita. Pochi però saprebbero dire che cosa avviene ai vecchi vestiti – e per questo abbiamo pensato di dedicare qualche riga a questo argomento.
Ci rifacciamo alle attività di HumanaItalia.org, organizzazione umanitaria indipendente e laica che in Italia è il primo operatore del settore: serve infatti ben 850 comuni tra cui Milano. Il centro di smistamento è ubicato nel comune di Pregnana Milanese: qui vengono smistati gli abiti raccolti nelle campane gialle oppure donati dai privati o da marchi dell’abbigliamento che incoraggiano i loro clienti a restituire i vecchi capi.
Gli abiti vengono selezionati e suddivisi per categorie: i più danneggiati ma costituiti da materiale riciclabile come cotone, lana e piuma entrano nella filiera del riciclo, per ricreare nuovi tessuti. Circa il 70% può però essere riutilizzato come capo da indossare nuovamente: quelli più pregiati sono venduti nel negozio Humana Vintage di Milano. Gli indumenti leggeri in buono stato vengono invece pressati in balle e inviati in vari paesi africani, gestiti da associazioni consorelle di Humana e venduti (in accordo con i governi locali) a prezzi estremamente bassi: con l’utile ricavato dalla vendita si realizzano altri progetti come pozzi, scuole, programmi di sicurezza ambientale e di prevenzione sanitaria. In situazioni di emergenza gli abiti vengono distribuiti gratuitamente alla popolazione. I capi pesanti e invernali ancora in buono stato vengono venduti all’interno dell’Unione Europea e con il ricavato si autofinanzia la raccolta e si ottengono ulteriori fondi da inviare ai progetti di cui parlavamo sopra.
Il viaggio degli indumenti usati gestiti da Humana è pertanto assolutamente tracciabile e trasparente – ma non è sempre così. Per essere certi che le cose funzionino in maniera simile anche con altri operatori del settore, conviene sempre controllare che sui contenitori di raccolta sia sempre indicato il nome dell’organizzazione con un indirizzo fisico e un numero di telefono fisso. Può infatti succedere che il recupero degli abiti sia soltanto una copertura di operatori commerciali privi di scrupoli che raccolgono indumenti gratis per poi rivenderne il meglio sulle bancarelle dei mercati (attività peraltro lecita, ma che deve essere dichiarata). O peggio ancora che si tratti di raccoglitori abusivi che non differenziano questi rifiuti, ma semplicemente si fanno pagare dalle amministrazioni per la raccolta e si limitano a mescolarli con altri rifiuti per poi sversarli in discariche abusive.
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Buongiorno,tutto quelo che state faccendo e meravilioso!!!!!!!! io sono rumena e abbito in Italia da 10 anni e vorrei sapere di dove si puo aquistare ii vestiti invernali in modo che possa aiutare ii miei conazionali !!!!!!!!!!!!! la ringrazio!!!!!!!