Perché non ha senso tenere i vecchi cellulari nel cassetto

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L’industria europea per la produzione di device elettronici importa il 90% delle materie prime. Fino al 2010 il primo fornitore in questo senso era la Cina, che ora però ha drasticamente ridotto la quota di esportazione. Questo per l’industria europea è un problema e un rischio, perché in futuro potrebbero scarseggiare i materiali utili per le produzioni. E se anche la Cina dovesse tornare ad aumentare i livelli di esportazione, occorre assolutamente riuscire a diminuire la dipendenza che oggi abbiamo dall’estero, considerando che l’estrazione ha fortissimi impatti ambientali e sociali: ad esempio, per l’estrazione delle terre rare in Cina vengono scaricate nell’ambiente tonnellate e tonnellate di acqua altamente tossica e acida, senza alcun controllo.

La Commissione Europea ha perciò avviato un gruppo di lavoro che sta studiando delle soluzioni: una di queste è la riapertura graduale delle attività minerarie per trovare le materie prime in Europa. Un’altra, decisamente più interessante ed ecocompatibile, consiste nell’imparare a riciclare di più e meglio i vecchi prodotti. Non soltanto perché le attrezzature elettroniche lasciate in discarica hanno un fortissimo impatto sull’ambiente, ma anche perché oggetti come i telefoni cellulari contengono circa 40 materie prime diverse, tutte preziose.

Alla facoltà di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano è nato l’E-Waste Lab da una partnership con il consorzio Remedia, che coinvolge varie piccole e medie imprese per generare il massimo valore possibile dai rifiuti elettronici.

In un cellulare esistono varie parti riciclabili: la parte esterna (cover o scocca) è costituita da polimeri, ovvero da plastica – che è un materiale riciclabile. All’interno si trova la batteria a ioni di litio che contiene però anche cobalto e terre rare (neodimio, europio, cerio e terbio): il cobalto da solo costituisce il 60% del suo costo ed è un metallo di importanza strategica nell’economia mondiale. Poi ci sono altri componenti che sono una vera e propria miniera urbana: la scheda elettronica contiene infatti silicio, rame, argento, oro e palladio. Snocciolare qualche cifra darà un’idea della portata dell’iniziativa: da 1000 vecchi telefonini si possono estrarre 9 chilogrammi di rame, 250 grammi di argento e 25 grammi d’oro. Metalli e plastiche di alto valore, che se fossero interamente recuperate in Italia potrebbero produrre un valore di circa 195 milioni di euro l’anno.

Se, quando acquistiamo un nuovo cellulare, tutti portassimo alle isole ecologiche o consegnassimo ai negozianti i vecchi smartphone o cellulari, rimetteremmo in circolo del materiale che può essere utilizzato con vantaggio per costruire nuovi apparecchi. Un favore a noi stessi e alla società. Invece, conservare un telefono guasto è sprecare un’opportunità. Che su questo fronte ci sia ancora molto da fare lo dimostra il fatto che oggi in Italia ricicliamo 4 chili di rifiuti elettronici per abitante, mentre la media europea arriva a ben 7 chilogrammi.

1 commento su “Perché non ha senso tenere i vecchi cellulari nel cassetto”
  1. matteo ha detto:

    sarà anceh vero , che la raccolta differenzsiata possa portare a tutto qul risparmio, ma il problema finisce per essere di natura differente.

    ed è legato al possesso e al donare. vuoi i lmio cell?
    cosa mi dai in cambio???io non regalo piu niente


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