Le “radici del mare”, un patrimonio in declino
Di Angela ChimientiGli ecosistemi a mangrovie sono di grande importanza ecologica e coprono una superficie di circa 15.000.000 ettari (ha), con elevato valore economico e alta produttività. Queste formazioni vegetali, che i pescatori dello Sri Lanka chiamano “radici del mare”, sono proprie delle sponde delle lagune salmastre, delle spiagge basse e fangose, nonché degli estuari dei grandi fiumi lungo le fasce costiere tropicali. Situate all’interfaccia terra-mare, le foreste in questione forniscono cibo, aree di riproduzione e una nursery importante per una varietà di organismi terrestri, specie commerciali e pesci di scogliera allo stadio giovanile.
Le mangrovie giocano anche un ruolo cardine per i mezzi di sostentamento umani, quali cibo, legname e medicine, immagazzinano anidride carbonica e offrono protezione da tsunami, cicloni tropicali e maree, attenuando l’erosione del litorale.
Una straordinaria ricchezza a rischio
Nonostante la loro importanza, le mangrovie stanno scomparendo a un ritmo preoccupante, con un tasso annuo di perdita globale equivalente all’1-2% e a circa il 35% negli ultimi vent’anni. Cambiamenti climatici, innalzamento del livello del mare, sviluppo urbano, acquacoltura, estrazione mineraria e sfruttamento eccessivo di legname, pesce e crostacei rappresentano le principali minacce per questa vegetazione peculiare e preziosa.
La perdita di habitat è tipicamente associata a una diminuzione in termini di biodiversità. Quali le possibili conseguenze? Fra queste, una riduzione nel funzionamento dell’ecosistema e, di rimando, della capacità di quest’ultimo di fornire beni e servizi all’uomo. Più specificatamente, nei sistemi di mangrovie, una grande proporzione della biomassa di alghe e foglie viene lavorata dai granchi, importanti “ingegneri” chiave. Sia nei sedimenti sia nelle acque di marea, la materia organica e il flusso di energia vengono incanalati attraverso un processo estremamente diversificato, in costante crescita, e successivamente trasferiti a livelli trofici superiori attraverso i detritivori, che abitano il benthos. Una perdita di biodiversità marina bentonica, pertanto, indipendentemente dal Phylum considerato, potrebbe causare un decremento variabile delle funzioni ecosistemiche.
Valutare gli impatti per una giusta consapevolezza
Nell’ambito di uno studio recente, condotto da ricercatori dell’Università delle Marche e della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, sono stati valutati gli effetti del degrado degli habitat di mangrovie sulla biodiversità e sul funzionamento dell’ecosistema bentonico. Le indagini hanno riguardato la meiofauna, la biomassa bentonica, la produzione procariotica eterotrofa e lo stato trofico sia in una foresta di mangrovie “disturbata” sia indisturbata.
Cosa è emerso? L’area a mangrovie interessata da disturbo ha mostrato una perdita del 20% della biodiversità bentonica, con l’estinzione locale di quattro Phyla, un calo dell’80% dei tassi di decomposizione mediati dai microbi, della biomassa bentonica e delle risorse trofiche. I risultati ottenuti rafforzano la necessità di preservare foreste di mangrovie e ripristinare quelle degradate per garantire la fornitura di beni e servizi necessari alla biodiversità e al funzionamento di vaste porzioni di ecosistemi tropicali.
Fonte:
Laura Carugati, Beatrice Gatto, Eugenio Rastelli, Marco Lo Martire, Caterina Coral, Silvestro Greco & Roberto Danovaro, Impact of mangrove forests degradation on biodiversity and ecosystem functioning, Scientific Reports, (2018) 8:13298 | DOI:10.1038/s41598-018-31683-0 1 [Open Access] Creative Commons Attribution 4.0 International License.
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