L’ape e il respiro della Vita
Di Dario ArpaioAveva volato per tutto il giorno, ma ora sentiva venir meno le forze. Il sole si era riparato dietro le nuvole e un vento forte spazzava il prato. Lei doveva ancora scaricare il nettare che aveva raccolto in grande quantità, di fiore in fiore, senza mai fermarsi. Una folata di vento improvvisa l’aveva sospinta in un’arnia non sua. Le guardiane le si erano avventate subito contro, ma senza aggredirla. Raramente avevano visto così tanto nettare in una sola ape bottinatrice. Così si erano subito avvicinate le operaie. Da una ligula all’altra avevano succhiato e trasmesso la preziosa sostanza, arricchendola di enzimi, depositandola in una celletta vuota, per poi iniziare a sbattere le ali e asciugarla dall’acqua. In capo a qualche giorno la melata sarebbe diventata miele e la celletta sigillata con l’opercolo. Nel frattempo l’ape bottinatrice era volata via. Anche se aveva depositato accidentalmente il raccolto in un’arnia straniera, il suo compito, in fondo, era finito. L’indomani avrebbe ripreso il volo senza sosta.
Sembra quasi una favola per bambini quella che Giorgio Torazza, apicoltore, mi ha appena raccontato mentre scambiamo quattro chiacchiere, bevendo un caffè, seduti intorno al grande tavolo di legno, nella cucina della sua casa di Ceresole d’Alba, in provincia di Cuneo. Qui sono alcune delle sue arnie. Neanche a dirlo… lui dolcifica il caffè con il miele. Ma quanta meraviglia è racchiusa in questo nettare degli dei, che Virgilio definiva il dono di un soffio d’infinito. Giorgio ne conosce i misteri, avendone fatto una ragione di vita fin dalla fine degli anni ’70. Lui ama le sue api: gli insegnano la semplicità e la ricchezza di una vita sana, in pieno equilibrio con le forze della Natura.
Giorgio Torazza ama i suoi alberi e appena possibile ne pianta ancora, arricchendo la cascina di nuovi spazi per le sue api. Ogni giorno le sue ‘regine’ depositano circa 2500 uova e ogni arnia – ne possiede più di 300 – vive e si sviluppa. Ma occorrre una cura continua affinchè le api non si ammalino a causa dei pesticidi, dei diserbanti e di tutti quei prodotti chimici che vengono utilizzati da una agricoltura mirante solo alla quantità, senza badare alla qualità della vita intorno. Il bosco deve poter respirare libero. Nelle montagne dell’alta Valle Argentera Giorgio raccoglie e produce un miele finissimo di millefiori e di rododendro. Dalla vita si alimenta altra vita. Dove esiste speculazione senza scrupoli tesa solo all’arricchimento, l’aria si sporca di veleni e le api muoiono.
Quest’anno, secondo la Coldiretti, il raccolto di miele è stato inferiore di quasi il 50%. I mutamenti climatici paiono inarrestabili e siamo proprio noi stessi a motivarne gli sviluppi con il nostro assurdo tenore di vita.
Giorgio lavora duramente per ciò che ama vendere nei mercati, trasferendo anche un messaggio di vita, dialogando con i visitatori, offrendosi alla gente, raccontando del suo lavoro, della sua passione, proponendo, in base alle necessità e ai gusti, una qualità di miele piuttosto che un’altra. Lui ne offre davvero di svariati tipi, oltre alle pomate a base di polline e propoli – quasi miracolose per tanti disturbi della pelle -, ai saponi, alle creme da spalmare a base di miele e nocciole della finissima qualità ‘tonda gentile’. Ma ciò che merita ancora più attenzione, è l’esempio di Giorgio, del suo vivere una vita in simbiosi con la Natura e ciò che offre, senza per questo abusarne, senza violentarla, semmai assecondandola nei suo ritmi, nel suo respiro più sottile. A che vale il superfluo che affanna le nostre giornate? Ricerchiamo e desideriamo una quantità spropositata di inutilità e per ottenerle trascuriamo, calpestiamo ciò che di meglio già abbiamo.
Arriverà l’inverno. Le api si ritireranno nelle arnie in attesa di una nuova primavera di vita. Giorgio si dedicherà alla fermentazione del miele che, con aggiunta di sola acqua, viene trasformato in un aceto delicato e dalle infinite proprietà benefiche, in particolare per l’intestino. Un aceto di miele, un idro-miele di antichissima origine.
A fine aprile Giorgio raccoglierà il primo miele e così fino alla fine di maggio, quando fioriscono le acacie. Lo aiuteranno, come sempre, i due figli Lorenzo e Vittorio.
Il miele dei Torazza si può scoprire e gustare, in provincia di Torino, il mercoledì nel mercato di Orbassano; il giovedì in quello di Piossasco; il venerdì a Savigliano, in provincia di Cuneo. Il venerdì e sabato anche a Ventimiglia, in provincia di Imperia.
Dario Arpaio
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