Inquinamento da caminetti e stufe: un problema da non sottovalutare
Di Simona ManzoL’inverno sta arrivando e il freddo comincia a farsi sentire; sono sempre più numerose le famiglie che, al posto tradizionale termosifone preferiscono caminetti e stufe. Due modi per riscaldarsi che indubbiamente creano un’atmosfera molto accogliente, un vero piacere da gustare nelle lunghe giornate di inverno.
Data l’antichità di questi metodi di riscaldamento, si potrebbe pensare che si tratti di un modo naturale di riscaldarsi e quindi ecologico per definizione – ma purtroppo non è così. Fortunatamente, stufe e caminetti non provocano l’aumento di CO2 nell’atmosfera, poiché la quantità di questo gas che viene immesso corrisponde alla quantità tolta dalle stesse piante durante la fotosintesi. Ma bruciare la legna nel nostro tanto amato camino però porta alla produzione di una grande quantità di PM10, ovvero le temibili polveri sottili.
Ovviamente esistono fonti di inquinamento da particolato ben peggiori, ma non tutti sanno che un solo caminetto può produrre ben 73 milioni di particelle in un metro cubo di aria. Queste polveri hanno un diametro inferiore al decimo di millimetro, possono essere solide o liquide, sono costituite per lo più da metalli pesanti e da idrocarburi, e vengono prodotte da tutte le reazioni di combustione. Si tratta di particelle molto pericolose, in particolare quelle più piccole che non possono essere filtrate dalle vie respiratorie e arrivano fino agli alveoli polmonari, con l’alta probabilità di causare gravi danni alla salute.
Non si può obbligare nessuno a rinunciare al proprio caminetto o alla stufa, ma un consiglio spassionato potrebbe essere quello di evitare il più possibile la loro accensione preferendo fonti di riscaldamento diverse come il classico gas naturale o, ancora meglio, il calore derivante dall’energia elettrica prodotta mediante fonti alternative rinnovabili. Ma se proprio non si vuole rinunciare alla compagnia di un bel fuoco scoppiettante, ci sono alcuni consigli da seguire per diminuire la quantità di polveri prodotte.
Ad esempio, meglio utilizzare legna completamente naturale (ovvero non trattata), ma soprattutto accendere il fuoco in modo corretto: il fuoco infatti deve bruciare in direzione verticale, dall’alto in basso. Questo si può fare per esempio utilizzando un modulo di accensione come quattro ciocchi (preferibilmente di abete) abbinati a preparati per facilitare la presa del fuoco, per esempio lana di legno impregnata di cera. Il modulo deve essere posto sopra la pira di legna, sotto cappa, in questo modo il fuoco si accende dall’alto verso il basso, i gas generati fluiscono verso la fiamma calda e bruciano in modo completo.
Per chi invece il proprio caminetto lo deve ancora costruire, o per chi lo vuole cambiare, una valida alternativa a quello classico è costituita dal camino a bioetanolo – ovvero ad alcol etilico biologico ricavato dalla fermentazione di masse vegetali. Questo tipo di combustione è notevolmente più costosa rispetto a quella della legna o del pellet, ma in compenso viene disperso meno calore perché non è necessaria una canna fumaria. Questo rappresenta sicuramente un buon compromesso per chi non vuole rinunciare al calore di un bel fuoco curandosi dell’ambiente.
Simona Manzo
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