In agricoltura “bello” non vuole quasi mai dire “buono”

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Vi ricordate quando eravate più giovani e cercavate di convincervi che le persone bellissime sono indubbiamente tali, ma di solito anche insulse? Con la frutta e la verdura questo principio è vero. Quella che viene considerata merce di prima qualità è tale solo in base a un criterio estetico (dimensioni, simmetria, colori), ma non gustativo (e talvolta neppure nutrizionale).

Prendiamo ad esempio i pomodori: è fuori di dubbio che quelli comprati nelle grande distribuzione sono molto più belli dal punto di vista morfologico e cromatico rispetto ai loro parenti omologhi comprati da un contadino o coltivati nel nostro orto. Molto spesso si tratta una questione genetica: infatti, lo stesso gene che li fa maturare in maniera uniforme e quindi li rende attraenti, ne rovina anche il gusto. Paradossalmente, negli ultimi 70 anni si è andati alla ricerca di questo gene che favorisce la maturazione uniforme, per favorire un notevole calo nel sapore, oggi molto più acquoso e meno dolce rispetto ai pomodori “di una volta”. Per mangiare un pomodoro che tale possa dirsi, dobbiamo ri-abituarci a essere meno fissati con la perfezione estetica e a cercare invece la soddisfazione delle papille. E questo vale per ogni tipo di ortaggio o frutto: ben venga dunque qualche bitorzolo in più, specie se da agricoltura biologica!


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