Il prezzo della terra: un fattore cruciale per ambiente ed economia
Di NicolettaPer la prima volta da vent’anni a questa parte, i dati statistici dicono che il prezzo dei terreni agricoli è in calo nel nostro Paese. Nell’ultimo anno, in media, il calo delle quotazioni degli appezzamenti è stato dello 0,1%, cui va aggiunto il peso dell’inflazione, per una diminuzione totale del 3,1%. Dal 2008 a oggi i terreni destinati alle coltivazioni hanno perso il 7% del valore di mercato. E questo non soltanto nelle regioni più povere, ma anche in Lombardia e Triveneto, in cui per tradizione c’è maggiore domanda di terreno fondiario e i prezzi restano più elevati. Sorprendentemente, il calo maggiore viene registrato nelle zone pianeggianti, pur essendo le più fertili e munite di infrastrutture.
Perché tutto questo? Ovviamente la causa principale è la crisi economica che stiamo attraversando, che porta a un ridimensionamento dei prezzi. Ma deve anche essere considerata la difficoltà di accesso al credito da parte dei potenziali acquirenti: un fattore che limita fortemente la potenzialità della domanda. Inoltre, va scemando l’effetto degli incentivi concessi per le fonti energetiche rinnovabili – che in alcune parti d’Italia aveva fatto lievitare il prezzo dei terreni. Infine, va calcolata l’introduzione dell’IMU sui terreni rurali – che contribuisce a renderli meno appetibili.
In ogni caso, nel nostro Paese i terreni sono più cari che nel resto d’Europa, ad esempio in Germania e in Francia. E questo costituisce un grosso ostacolo per i giovani potenziali agricoltori. Si attende con trepidazione il piano di dismissione dei terreni demaniali che dovrebbe portare nuovo ossigeno in questo settore e aiutare nell’avvicendamento generazionale in agricoltura.
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