‘Il libro nero dell’agricoltura’ – capire l’impatto ambientale delle tecniche agricole odierne
Di NicolettaÈ il giovane agronomo Davide Ciccarese l’autore del volume Il libro nero dell’agricoltura edito da Ponte alle Grazie nella collana Inchieste. Il sottotitolo spiega alla perfezione i contenuti di questo libro-inchiesta: Come si produce, coltiva e alleva quello che mangiamo. L’impatto ambientale dell’agricoltura moderna. Gli eccessi produttivi e gli sprechi, il lavoro nero.
L’agricoltura di fine XX secolo e inizio XXI secolo è diventata molto simile a una catena di montaggio, paradossalmente staccata dall’ambiente circostante; nell’attuale modello produttivo l’agricoltore è un ricevitore di input e produttore di output senza essere più padrone delle sue scelte. Si tende erroneamente a pensare che, per soddisfare la sempre crescente domanda di cibo nel mondo, sia del tutto inevitabile il ricorso a pratiche agricole insostenibili dal punto di vista ambientale.
Il sistema agroalimentare è oggi basato sulla compravendita di ortaggi e frutta che, assolutamente al di fuori della loro stagione naturale, vengono trasportati per migliaia di chilometri e poi venduti dalla grande distribuzione ai consumatori mentre spesso sui campi restano tonnellate e tonnellate di prodotti stagionali non venduti.
Sempre più diffuso l’utilizzo di sementi ibride e di OGM che portano alla sparizione delle varietà più antiche locali. Per non parlare dei terreni esausti, delle falde acquifere ogni giorno più avvelenate da concimi di sintesi e pesticidi.
Anche la zootecnia è sotto inchiesta: gli allevamenti dei nostri tempi assomigliano più che altro a fabbriche, nelle quali i capi di bestiame vivono ammassati. Sono spesso allevamenti senza terra, totalmente privi di campi coltivati circostanti per la produzione di mangime – che proviene da altre parti.
L’equilibrio del Pianeta è sempre più messo a dura prova dai cambiamenti climatici che provocano danni agricoli enormi anche sotto forma di nuovi patogeni contro cui siamo ancora impreparati.
La sintesi del discorso è: l’agricoltura così come è concepita oggi non è più accettabile, deve riscoprire concetti come quello della prossimità geografica, della stagionalità e della sicurezza alimentare (che, per la verità, nel nostro Paese, è più garantita che altrove).
Nel libro è dedicato ampio spazio anche ai diritti dei lavoratori agricoli, toccando argomenti spinosi come il lavoro nero e la sicurezza, sia nel nostro Paese che nel resto del mondo. A nulla serve il rispetto ambientale, infatti, se non è accompagnato da quello sociale. Un’agricoltura sostenibile non può non essere fondata su questi due pilastri.
Commenta o partecipa alla discussione