Fitorimediazione: ripulire il terreno dagli inquinanti con l’ausilio delle piante
Di NicolettaLe piante sono alla base dell’ecosistema: se un inquinante entra nel nostro habitat viene prima di tutto assorbito dai vegetali, che poi sono mangiati dagli animali e, direttamente o indirettamente, anche dall’uomo. Per questo è estremamente importante che i terreni agricoli siano privi di inquinanti e irrigati con acqua di qualità.
Il risvolto di questa proprietà tipica dei vegetali è che le piante possono offrire all’uomo un aiuto prezioso sia nel monitoraggio della contaminazione dei suoli e della acque che nella loro de-contaminazione o quanto meno nella riduzione dell’inquinamento.
Il biorsanamento
Di quest’ultimo aspetto si occupa la fitorimediazione (in inglese, phytoremediation), un metodo per rimuovere gli agenti inquinanti dal terreno mediante l’uso di piante. Questo settore della biorimediazione (una disciplina più ampia che utilizza anche microorganismi o miceti) sfrutta alcune specie vegetali chiamate iperaccumulatori, capaci di assorbire sostanze tossiche presenti nel suolo o nell’acqua – come metalli, pesticidi, solventi, esplosivi, petrolio greggio e suoi derivati.
Allo stato si conoscono almeno 450 specie vegetali capaci di iperaccumulare i metalli. Si utilizzano piante dalla crescita veloce, che richiedono molta acqua, molte di esse sono graminacee; le radici delle piante assorbono l’acqua e le sostanze biodisponibili contenute nel terreno (inclusi i contaminanti), li portano lungo il tronco e i rami fino alle foglie e ai frutti. Raccogliendo ed eliminando le foglie o i frutti il terreno si decontamina – almeno in parte.
Non si tratta di una pratica veloce né di una panacea, ma di un sistema buono e non invasivo per bonificare i terreni da alcune sostanze non diversamente eliminabili senza necessità di scavare o sostituire il suolo contaminato.
I costi della biorimediazione sono solitamente inferiori ad altri metodi di decontaminazione e i risultati sono facilmente monitorabili. Purtroppo il raggio di azione è limitato all’area e alla profondità occupata dalle radici e questo non è certo un vantaggio. Inoltre, se a essere inquinata è la falda acquifera, a poco servirà la piantumazione del terreno.
In ogni caso, le piante “intossicate” devono essere eliminate in maniera corretta con procedure ad hoc: di solito, lo si fa mediante incenerimento. Comunque esse non devono entrare nel ciclo normale dei rifiuti da compostaggio o da discarica. La ricerca attuale tenta di “compartimentare” il più possibile l’inquinante: ad esempio, farlo dirigere nelle foglie, in modo da eliminare solo quelle e di mantenere viva la pianta.
Terra dei fuochi: allo studio interessanti metodi di biorisanamento
Da anni sta continuando il lavoro di monitoraggio dei territori di centinaia di comuni delle provincie di Napoli e Caserta alla ricerca degli ettari a effettivo rischio di contaminazione.
Da sempre, infatti, i campi inquinati vengono bonificati in maniera industriale, con asportazione del terreno e lavorazione in appositi impianti mediante l’utilizzo di mezzi fisici e chimici. Il biorisanamento (in inglese, bioremediation), ovvero la degradazione di determinate molecole mediante agenti naturali è una soluzione presa in considerazione più di recente e che dà grandi speranze per il futuro.
In questa disciplina nasce dall’osservazione dei processi naturali: in qualsiasi ambiente, anche il più estremo, esiste sempre qualche microorganismo o insetto che è in grado di vivere in tali condizioni avverse. Lo studio di questi organismi consente di capire quali sono i meccanismi precisi di degradazione delle sostanze dell’ambiente e quindi della loro sopravvivenza in condizioni esasperate. Esistono enzimi prodotti da muffe e batteri che sono capaci di degradare o annientare le sostanze inquinanti di acque e suoli avvelenati dai rifiuti tossici. Questi enzimi possono essere fatti riprodurre su più ampia scala in laboratorio. Ad esempio si stanno studiando insetti in grado di sopravvivere al pentaclorofenolo, molecola biocida ad ampissimo spettro di azione molto presente nei terreni inquinati.
Ma nella Terra dei fuochi c’è anche chi ha deciso di prevenire invece di curare: se l’acqua dei pozzi è contaminata, per le coltivazioni si può irrigare usando solo acqua piovana. Questo significa mettere in campo maggiori sforzi e impegni e rischiare di più producendo minori quantità di prodotti agricoli, ma non mettere sul mercato cibo contaminato.
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