Fermo biologico della pesca – una misura da studiare meglio?
Di NicolettaLe preoccupazioni per la salute del mare e la tutela della fauna ittica sono in continuo aumento. Una delle tecniche per la difesa della vita dei pesci è quello che un tempo veniva chiamato fermo biologico, più tardi fermo tecnico e oggi è definito arresto temporaneo. In pratica 42 giorni in cui è vietato pescare, alternati tra la costa del Tirreno nel mese di settembre e la costa adriatica nel mese di agosto al fine di garantire il ripopolamento del mare.
Il fatto che il fermo avvenga solo sull’Adriatico nel periodo di maggiore afflusso turistico pare agli operatori del settore una contraddizione e un’ingiusta penalizzazione. Il fermo biologico non sembra aver dato grossi risultati negli ultimi vent’anni: le associazioni di categoria dei pescatori propongono delle strategie alternative per tutelare lo stock dei pesci rimasti. Ad esempio, non interrompere del tutto l’attività di pesca, ma creare delle riserve marine temporanee dove il pesce si sta riproducendo in un dato periodo. In questo modo si evita anche che le aziende per la lavorazione del pesce siano costrette durante il blocco ad approvvigionarsi con prodotti provenienti da altre marinerie o addirittura dall’estero. Paradossalmente, i pescatori sarebbero disposti ad ampliare la fascia di tempo deputata alla salvaguardia dei pesci, creando però apposite aree per preservare la fase riproduttiva. Sarebbero inoltre necessarie altre misure legate alla metodologia di pesca, oggi ancora troppo intensiva; e sicuramente occorrerebbe valorizzare maggiormente la piccola pesca e i piccoli mercati.
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