Dissesto del territorio italiano: la proposta dei Consorzi di Bonifica
Di NicolettaIl dissesto idrogeologico del territorio italiano è sotto gli occhi di tutti. Non se ne sente parlare da qualche mese, ma solo perché quest’inverno è stato molto soleggiato. Ma alle prossime piogge intense le probabilità di assistere impotenti a nuove frane e smottamenti è altissima. E purtroppo – anche se non ce lo auguriamo – si dovrà parlare anche di nuove vittime.
Il problema non deve essere riposto nel cassetto, ma affrontato con proposte serie e operative. Una proposta in tal senso arriva dall’ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni), a cui aderiscono i consorzi che realizzano e gestiscono opere di difesa e di regolazione idraulica, oltre che opere di provvista e utilizzo delle acque per uso irriguo. In Italia esiste infatti una rete di quasi 200.000 chilometri di canali che raccolgono le acque piovane, allontanandole dai territori. Queste acque arrivano a oltre 750 impianti idrovori in tutto il paese che le sollevano e le gettano in mare. Questo reticolo va mantenuto in assoluta efficienza per evitare i danni che ben conosciamo.
Dunque, l’ANBI non ha solo lanciato molti appelli a seguito dei disastri degli scorsi mesi di ottobre e novembre, ma ha anche lanciato una proposta progettuale per mantenere in ottima efficienza questo reticolo. Il 15 febbraio 2012 presenterà a Roma un piano di mitigazione del rischio idraulico, che prevede migliaia di piccoli interventi come la risistemazione degli argini, o la risagomatura di canali che per la cementificazione sono stati modificati e ora trasportano l’acqua a una velocità eccessiva.
Chi dovrebbe pagare per questi interventi? La sicurezza dal punto di vista della manutenzione della sicurezza idraulica è affidata ai consorziati, cioè non costa nulla allo Stato. Questo è possibile perché i consorziati operano in aree in cui può essere tratto un beneficio da questa attività e da soli effettuano la manutenzione ordinaria. Quando invece l’azione necessaria è di tipo straordinario, deve intervenire lo Stato con le risorse del Ministero dell’Ambiente e/o con risorse regionali – che, come sappiamo, non sono mai sufficienti e comunque pagate dai cittadini. Speriamo che la proposta sia accettata e che prevalga il buon senso: oltre a essere programmabile e a creare posti di lavoro, la prevenzione costa straordinariamente meno dell’emergenza!
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