Quanto influiscono i device elettronici sul riscaldamento globale?
Di Eleonora PittalugaA tutti noi risulta spontaneo pensare che i principali imputati per l’inquinamento e l’effetto serra siano le industrie pesanti, i combustibili fossili, la mobilità tradizionale, la produzione di energia elettrica. Le tecnologie digitali e informatiche ci sembrano “pulite”. Ma se ci pensiamo bene, non è proprio così! Infatti uno studio comparso sul Journal of Cleaner Production afferma l’esatto contrario.
Secondo le stime, il settore delle tecnologie digitali (PC, smartphone, tablet, infrastrutture dei data center e delle reti di comunicazione) causa il 3,5% delle emissioni globali e questo dato aumenterà sino al 14% nel 2040. Per la maggior parte di queste emissioni è responsabile il settore degli smartphone.
Non stiamo parlando soltanto dell’utilizzo dei telefoni cellulari – ma ovviamente anche della loro produzione, che implica l’estrazione di minerali necessari per le parti elettroniche (dall’oro alle terre rare) e che produce un grande dispendio di energia, acqua e risorse – soprattutto in alcune zone della Cina e dell’Africa. Ai minerali si aggiunge l’inquinamento e la produzione di CO2 per l’ottenimento dei materiali plastici e la manifattura vera e propria dell’oggetto.
Quando poi inizia l’utilizzo vero e proprio del device entra in gioco il consumo di energia elettrica: anche se non ce ne rendiamo conto, a ogni messaggio inviato, ogni download di materiale, ogni volta che usiamo lo streaming, carichiamo una foto, chattiamo, o giochiamo online ecc. da qualche parte nel mondo c’è un server che consuma un’enorme quantità di energia elettrica e produce calore.
Che cosa si può fare per contrastare questi fenomeni? Rinunciare allo smartphone e alle applicazioni per tornare alla vita che facevamo trent’anni fa? Sicuramente no.
Però possiamo cominciare sostituendo gli apparecchi con minor frequenza e smaltendo correttamente i RAEE. Con la speranza che chi ci governa favorisca con politiche giuste i data center che si alimentano quantomeno con energia prodotta da fonti rinnovabili e che punisca i produttori che utilizzano l’obsolescenza programmata.
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