Acque di balneazione: le località di eccellenza aumentano
Di Daniele Grattieridi Francesca Scaini
Quest’estate è stata, senza dubbio, una delle estati più calde degli ultimi tempi; e cosa c’è di meglio per sfuggire alla calura estiva di un bel bagno al mare o al lago?
Per rendere le nostre vacanze perfette, è importante scegliere accuratamente località e zone sia belle che sane, perché è vero che l’occhio vuole la sua parte, ma anche la salubrità delle acque di balneazione è importante. Tuttavia non è semplice capire se l’acqua in cui ci immergiamo nasconde pericoli inaspettati. Infatti, non sempre un’acqua limpida è sinonimo di zona priva di batteri dannosi per la salute umana.
Fortunatamente, è possibile verificare in anticipo lo stato delle acque della località prescelta, semplicemente consultando il sito dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, nella sezione “Acque di Balneazione”. Qui sono pubblicati rapporti annuali riguardanti tutte le acque della zona europea, sia costiere che interne, per essere informati sia sulla situazione nazionale che internazionale.
Leggendo i rapporti degli anni passati, si nota come le condizioni di salubrità delle acque europee siano notevolmente migliorate. Nel 2014 il 95% delle zone di balneazione monitorate dall’Unione Europea hanno rispettato gli standard minimi per la qualità delle acque, i casi di qualità “eccellente” sono aumentati dell’1% rispetto al 2013.
I campioni di acqua, prelevati dai siti di balneazione prescelti, vengono analizzati sulla base delle percentuali di due tipi di batteri, l’Escherichia coli e l’Enterococco intestinale, la cui presenza indica inquinamento da acque di scolo o da liquami di allevamento. Questi due batteri sono molto rischiosi per la salute umana, soprattutto se ingeriti, in quanto vanno ad attaccare stomaco e intestino.
A seconda della percentuale di batteri rilevata nel campione analizzato, la qualità dell’acqua è classificata come “eccellente”, “buona”, “sufficiente” o “scarsa”. Nel 2014 poco meno del 2% dei siti sono stati classificati come di “scarsa” salubrità.
Concentrandosi sul caso prettamente italiano, nel 2014 sono state analizzate 5507 zone di balneazione, circa il 25% delle acque di balneazione europee. Da queste analisi, meno dell’1% dei campioni sono stati classificati di qualità “scarsa”. Questi ottimi risultati sono dovuti a una legislazione molto rigida, ben più restrittiva rispetto alle indicazioni europee. L’approccio severo del nostro paese trova spiegazione in due fattori importanti: condizioni climatiche e idrologiche favorevoli alla riproduzione di organismi (la temperatura mite dell’acqua favorisce la riproduzione di determinati batteri) e la pratica intensiva della balneazione. In Italia, quindi, i controlli sono fatti più spesso e in un periodo più esteso rispetto ad altri paesi (i paesi del nord hanno una stagione di balneazione notevolmente più breve rispetto alla nostra).
I controlli bastano? Sicuramente un monitoraggio accurato e costante delle acque permette di identificare subito eventuali cambiamenti, dando la possibilità a biologi e operatori ambientali di intervenire nelle zone a rischio. Tuttavia, è anche importante adottare comportamenti rispettosi dell’ambiente, che non vadano ad alterare le condizioni microbiologiche della località in cui si è deciso di trascorrere il periodo di villeggiatura.
È importante che le zone classificate come “eccellenti” rimangano tali e che tutte le altre raggiungano presto questo traguardo. Ciò è possibile grazie a un continuo lavoro degli esperti ma, soprattutto, grazie a un comportamento eco-friendly di chi usufruisce delle zone balneari.
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